MONTE CIMONE DA ARSIERO, PASSANDO PER MONTE CAVIOJO E CIMA NEUTRA
DISLIVELLO: 900 m circa
DURATA: 6 ore e mezza, pause comprese
DIFFICOLTA’: facile, a parte le deviazioni per
bivacco Vettori e Cima Neutra che richiedono un po’ di attenzione
RIFERIMENTO: Carta CAI – Valdastico e Altipiani Trentini – Foglio SUD
Ci sto prendendo gusto con le montagne del vicentino.
Comincio a riconoscerne i profili, la posizione, i nomi,
le valli che le tagliano, i monumenti, le croci, i forti sulle loro cime.
Ho frequentato spesso l’altopiano di Asiago e mi hanno sempre
incuriosito i monti al di là della Valdastico, ma mai abbastanza da spingermi
fino a lì.
Ma è aprile, c’è ancora troppa neve in giro e ho voglia
di sgambettare su montagne basse senza portarmi dietro le ciaspole.
Così decido di salire sul Monte Cimone. Mi intriga l’idea
di partire da Arsiero e arrivare su fino al pinnacolo che si vede dalla val
d’Astico, ma fondamentalmente lo ritengo puro esercizio. Non ho grandi
aspettative: ho studiato un po’ il percorso, ho letto qualche breve resoconto,
tutto lì.
E come sempre succede, sono i giri da cui non ti aspetti
nulla che ti riservano le più grandi sorprese.
LA PARTENZA
Percorro l’A31 fino in fondo ed esco a Piovene Rocchette,
quindi seguo per Arsiero.
Io preferisco le stradine che passano per Caltrano,
Mosson e Cogollo del Cengio, ma anche prendendo quella più grande (e più lunga)
che passa per il paese di Piovene Rocchette alla fine ci si congiunge sempre
sulla SP 350.
E già dalla macchina il trittico Caviojo, Cima Neutra,
Cimone ti annuncia come sarà la giornata.
Arrivati ad Arsiero si segue per Piazza Rossi, sede del municipio, e si parcheggia senza problemi sugli spazi bianchi. Da lì si percorrono a piedi tre o quattrocento metri di strada asfaltata, seguendo la via Divisione Julia che porta a Tonezza. Ad un certo punto, sulla destra, in corrispondenza dell’inizio della massicciata che costeggia la strada, si prende il sentiero 544.
IL SENTIERO
Non parto presto, la mattina ho delle cose da fare.
Non è un giro lungo né frequentato, così
me la prendo comoda. Parcheggio alle 10.30.
Il monte Caviojo incombe su Arsiero e salirlo è una
faticaccia. La prima parte del sentiero mi fa anche un po’ sorridere tanto è stretto
e a strapiombo sull’abitato. Non che sia difficile, ma ormai attrezzano i
sentieri per molto meno.
Il sentiero prosegue faticoso fino alla base del torrione
di roccia che sovrasta il monte, sulla cima del quale è arroccato un bivacco. Inizialmente il sentierino che sbatte contro la roccia non l'avevo proprio considerato ma fortunatamente una tipa di passaggio mi indica il breve tratto attrezzato che si arrampica fino
alla casetta in muratura.
Il bivacco Ottorino Vettori è abbarbicato su di un
pittoresco pinnacolo di roccia, sopra il quale non c’è spazio per nient’altro a
parte la casetta con il tetto spiovente. Mi fa venire in mente qualche eremo
orientale o magari, con la casetta così sopra il monte, l’illustrazione di
qualche favola.
Arrivato al bivacco una coppia di anziani esperti della zona e
mi consiglia una deviazione curiosa per una galleria della prima guerra messa
in sicurezza recentemente. La lampada frontale ce l’ho, quindi perché no?
Mangiamo un panino raccontandoci gli ultimi giri, ci
godiamo il sole e guardiamo le montagne attorno e la pianura di fronte a noi.
Ridiscendo dal bivacco per lo stesso percorso, aggiro il
torrione seguendo una lunga trincea fino a incrociare la deviazione che mi
hanno consigliato. Seguo l’indicazione per Galleria di Cima Neutra.
Non ho idea del tempo passato in galleria, forse 20
minuti, forse di più, risalendo la montagna su gradini grossolanamente
intagliati nella roccia e tenendomi a una corda laterale in perfette
condizioni. Raramente qualche piccola apertura fa filtrare un po’ di luce ma
gran parte del percorso si svolge nel buio più completo, rischiarato solo dal
cono di luce della mia piccola lampada frontale.
La galleria non dà l’idea di terminare, presto mi concedo
anche una pausa, una felpa per il fresco e qualche pezzo di cioccolato per la
salita che non molla proprio.
Esco finalmente al di sopra del sentiero segnato e
guardandomi attorno trovo un bizzarro segnale fatto a mano per Cima Neutra… rinominata
“Cima Vagabonda”.
E’ il giorno delle deviazioni, prima il bivacco Vettori,
poi la galleria di Cima Neutra, ora questa cima dall’aria fricchettona… non c’è
due senza tre quindi mi arrampico su qualche facile roccetta, arrivo in cima e
resto a bocca aperta.
E’ una cima ampia, spaziosa, passeggio tra le trincee,
gli ometti di pietra e le croci di legno, le bandiere tibetane e della pace si
muovono al vento. Qualche reperto della prima guerra riposa alla base delle
croci.
Ho sempre amato le cime spoglie, per il loro essere nuda
e severa natura. Non ho mai amato le croci sulla vetta, la necessità dell’uomo
di affermare il suo dominio sulla montagna mascherandolo di propositi spirituali.
Ma questa piccola cima è diversa. Troppo bassa per
meritarsi una croce di ferro, troppo umile perché la maggior parte della gente perda
tempo a salirla.
E allora chi il tempo lo ha voluto perdere ha creato un piccolo angolo sereno in cui il ricordo di chi ha combattuto ed è morto tocca
il cuore ben più che sull’austero ossario del Cimone. La commemorazione qui non
è solo tristezza.
C’è una croce di legno rivolta a nord su cui sventola la
bandiera della pace. Alla base una sedia è posta su uno sperone piatto che dà
sul vuoto. Mi siedo.
Sotto di me la vallata, di fronte a me il Pasubio
innevato.
Essere seduto su una sedia in un luogo talmente aereo dà
quasi le vertigini, lo sguardo sembra muoversi a volo d’uccello.
Non so chi ha creato questo piccolo luogo perfetto ma
questa cima rappresenta ciò che amo dell’uomo.
Non i monumenti, le cerimonie, la serietà. Piuttosto l’allegria,
la spiritualità, l’amore per la natura e gli altri uomini.
E’ ora di andare avanti.
Non ho ancora lasciato Cima Vagabonda, do un ultima occhiata al bivacco Vettori che ora è davvero pittoresco, poi mi giro per scendere
verso il sentiero: due camosci scendono il versante occidentale del
Cimone, proprio di fronte a me. Questo giro continua a riservarmi uno spettacolo dietro l’altro.
Alla fine salgo anche sul Cimone, mi siedo sulla
scalinata del monumento contemplando di fronte a me l’altopiano di Asiago. La
vista è magnifica ma so che le salite più belle sono alle mie spalle.
E’ ora di scendere.
Seguo il sentiero 536 fino al piazzale degli Alpini e
fatico un po’ a trovare il 540 a causa di un segnale caduto.
La discesa è tranquilla, una passeggiata. Solo il vento,
le foglie, gli uccelli.
Su questo versante finalmente non si sentono i rumori
della vallata, delle auto e delle moto che mi hanno seguito per tutta la
salita.
Trovo un paio di deviazioni ben segnalate. Decido di
prendere la seconda per rimanere ancora un po’ in costa e non scendere subito a
valle.
C’è un bel po’ da camminare prima di arrivare in piazza
del municipio.
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